Una patologia presente anche nella popolazione infantile, non più rara ma con i numeri in aumento, che si presenta con sintomi subdoli

Una malattia, l’esofagite eosinofila, che non viene più considerata rara, e che sta diventando una sfida per la gastroenterologia. A parlarne, per sensibilizzare sul tema con l’occasione della giornata dedicata a questa patologia (18 maggio) è la Società Italiana di Gastroenterologia Epatologia e Nutrizione Pediatrica (SIGENP), che riporta come secondo uno studio pubblicato su Alimentary Pharmacology & Therapeutics, l’esofagite eosinofila interessi almeno 34 bambini e 42,2 adulti ogni 100.000 abitanti.

“Questi dati epidemiologici, che riteniamo validi anche per il nostro Paese, dimostrano la notevole diffusione dell’esofagite eosinofila nella popolazione infantile. Probabilmente il dato è anche sottostimato ed è difficile al momento valutarne le dimensioni esatte: i sintomi sono subdoli, si possono confondere con quelli di altre patologie e – al di fuori dei centri specializzati – non è così conosciuta come dovrebbe”, afferma Claudio Romano, presidente SIGENP. “Lo studio comparativo dell’Università di San Diego, California e dell’università del North Carolina ha appurato che tra le prime osservazioni su questa patologia, degli anni 80 e quelli più recenti, fine 2023, la prevalenza è cresciuta dell’800%. La ricerca mondiale è al lavoro, sono in arrivo nuovi farmaci”.

Una diagnosi che può avvenire in Pronto Soccorso, dove la persona arriva per il blocco di un bolo alimentare nell’esofago: “È questo il più frequente incidente causato dalla malattia trascurata. Non di rado la prima diagnosi avviene in pronto soccorso quando i medici sono costretti ad intervenire in emergenza per rimuovere il bolo alimentare dall’esofago”, spiega Caterina Strisciuglio, Associato di Pediatria all’Università Luigi Vanvitelli della Campania, che aggiunge in merito alle fasce di età interessate: “In quanto all’incidenza, pur essendo maggiore nel secondo decennio di vita, osserviamo sempre più spesso casi di bambini che non hanno ancora compiuto 10 anni. La malattia è decisamente più frequente nel sesso maschile. Tra i sintomi che possono mettere in allarme i genitori, benché non ne esistano di specifici, ci sono il vomito dopo i 18 mesi, se frequente o un ostinato rifiuto del cibo”.

Ai genitori segnala inoltre Francesca Rea, Responsabile dell’Ambulatorio patologie eosinofile del tratto gastrointestinale, Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, Roma: “Va osservato se il bambino impiega tanto tempo per completare il pasto, se mastica a lungo, se beve molto mentre si mangia, se preferisce pasti morbidi o in pezzetti molto piccoli. Questi comportamenti non vanno sottovalutati, perché possono essere la spia di una esofagite eosinofila. Che può essere diagnosticata con certezza in fase anche precoce con un esame invasivo, ma assolutamente sicuro: una endoscopia dell’esofago, EGDS, durante la quale si fanno alcune piccole biopsie. Se nei tessuti asportati si riscontra un’abnorme quantità di eosinofili, la situazione è chiara”.

Dalla diagnosi alla terapia

L’esofagite eosinofila diagnosticata in tempo, anche se non guarita, può essere gestita per impedirne la progressione e aggravamento: “Si possono usare normali inibitori della pompa protonica, corticosteroidi, dieta di eliminazione. Ma la grande novità è un farmaco biologico appena approvato anche in Italia, e di cui stiamo aspettando la rimborsabilità anche per l’esofagite eosinofila, contro la quale è perfetto. E ce ne sono altri in fase di sperimentazione”, racconta Salvatore Oliva, Associato presso il Dipartimento Materno Infantile dell’Università La Sapienza di Roma. “Abbiamo però due problemi. Il primo è che molti farmaci sono efficaci, ma non essendo ufficialmente indicati contro questa malattia sono in una forma sbagliata; per esempio i corticosteroidi che si usano per l’asma sono efficaci ma dobbiamo somministrarli in modi non previsti. In particolare devono essere deglutiti anziché inalati. Il secondo problema è che i farmaci più nuovi non sono ancora autorizzati per i bambini. Quelli che ne avrebbero più bisogno per frenare la malattia prima che progredisca”.

“Questa malattia è una delle grandi sfide della gastroenterologia nei prossimi anni. E la SIGENP con i suoi Centri di riferimento distribuiti su tutto il territorio nazionale ha già accolto questa sfida”, conclude Claudio Romano. “È fondamentale che venga meglio conosciuta dal pubblico, dalle famiglie per poter arrivare a una diagnosi precoce e impostare una terapia corretta che ne blocchi la progressione”. Si unisce sul tema della consapevolezza Roberta Giodice, presidente ESEO Associazione di famiglie contro l’esofagite e le patologie gastrointestinali eosinofile: “Questo è il compito che ci prefiggiamo e che portiamo avanti come ESEO Associazione di famiglie contro l’esofagite e le patologie gastrointestinali eosinofile: sensibilizzare le istituzioni, l’opinione pubblica e aiutare questi pazienti e le loro famiglie, a fronteggiare una patologia di cui molti non conoscono neppure l’esistenza. Con la campagna ESEO Italia 2024 intendiamo promuovere una corretta educazione sanitaria attraverso attività e progetti mirati a garantire con la sensibilizzazione una riduzione del ritardo diagnostico per i pazienti con patologie gastrointestinali eosinofile, orientandoli nei percorsi di cura”.