Al Congresso nazionale dell’ACP viene affrontato il tema e indicata l’importanza di esaminare i genitali ed evitare nomignoli in famiglia

Non girarsi dall’altra parte e riconoscere gli indicatori di abuso sessuale. Il ruolo dei pediatri e l’importanza di dare una risposta ai dati preoccupanti sulla violenza sessuale su minori è stato sottolineato in occasione del 36° Congresso dell’Associazione Culturale Pediatri (ACP).

Maria Rosa Giolito, ginecologa e psicoterapeuta, già Responsabile dell’Equipe Multidisciplinare pubblica Cappuccetto Rosso di Torino, per la presa in carico dei minori vittime di abuso sessuale, afferma che l’argomento “non deve farci girare dall’altra parte: purtroppo i pediatri non sempre riconoscono gli indicatori di abuso sessuale, non si sentono adeguati ad affrontare eventi che poi però restano in gran parte sommersi, anche per l’impossibilità dei minori di parlarne con qualcuno. I pediatri devono effettuare a tutti i bambini e le bambine l’esame dei genitali durante i bilanci di salute, pur consapevoli che il corpo ‘cura’, e spesso i segni di un abuso sono velocemente riparati”.

“L’esame dei genitali in età prepuberale dovrebbe essere completato di routine, e non sempre avviene. Questa valutazione è invece fondamentale per i pediatri anche per valutare la progressione puberale, per identificare patologie o differenze nella differenziazione sessuale, per le DD di sanguinamento comprese le diagnosi di traumatismo”, spiega ancora Maria Rosa Giolito. “Purtroppo invece permane nei medici una difficoltà a procedere con l’esame dei genitali, che se risparmia, in parte, i maschi, colpisce in netta prevalenza le femmine. Secondo i dati del Report of the Independent Inquiry into Child Sexual Abuse, tra le 2 settimane e i 2 anni il 93% dei maschi e il 41% delle femmine viene sottoposto a un esame dei genitali dal pediatra di famiglia, tra i 2 e i 5 anni il 67% dei maschi e il 38 delle femmine, tra i 5/10 anni il 67% dei maschi e il 33 delle femmine”. Percentuali sottolineate come troppo basse.

Non solo attenzione nella visita, ma è importante anche un cambiamento nel linguaggio, nel momento in cui ci si riferisce a questa parte del corpo: “Basta nomignoli in famiglia, spesso assecondati dai pediatri: farfallina, pisellino? Chiamereste mai un braccio zucchino e un orecchio cavoletto? Questa ‘tradizione’ sminuisce e ridicolizza gli organi sessuali, e deve essere contrastata: in famiglia, nei media e soprattutto dai medici”, conclude la ginecologa e psicoterapeuta.