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I ragazzi parlano, raccontano le loro storie, i loro problemi, il percorso diagnostico e terapeutico che hanno seguito, i loro sentimenti e la loro vita. Per dire la loro idea, su come dovrebbero essere i medici, i reparti degli ospedali e le associazioni che li curano (o hanno curati). In occasione della Giornata mondiale contro il cancro infantile (il 15 febbraio), gli adolescenti sono stati i protagonisti del convegno “Io, adolescente con tumore: l’ospedale che vorrei”, organizzato il 13 febbraio dalla Federazione italiana associazioni genitori oncoematologia pediatrica (FIAGOP), l’Associazione italiana ematologia oncologia pediatrica (AIEOP) e la Società italiana adolescenti con malattie onco-ematologiche (SIAMO).
La FIAGOP nel settembre 2014 aveva dato il via a una campagna dedicata alla diagnosi precoce, definita cruciale per le possibilità di guarigione, sottolineando come gli adolescenti arrivino spesso alla diagnosi e alle cure con un ritardo diagnostico significativo rispetto ai bambini. L’obiettivo era sensibilizzare i ragazzi, i genitori, i medici di famiglia, il sistema sanitario e l’opinione pubblica. Ora i giovani pazienti ed ex pazienti, con il loro bisogno di normalità, sono stati al centro del confronto. «La malattia oncologica deruba i bambini e i ragazzi ammalati della loro infanzia e giovinezza, minaccia e mette a rischio la loro stessa sopravvivenza» afferma Angelo Ricci, presidente di FIAGOP. «Una diagnosi di cancro cancella ogni idea di ‘vita normale’ per i bambini, gli adolescenti e le loro famiglie. All’età in cui tutto dovrebbe essere innocenza, divertimento e gioia pura nel vivere, nell’apprendere, nel crescere, i bambini e gli adolescenti con il cancro si trovano ad affrontare situazioni difficili e impegnative, isolati per lunghi periodi di tempo da compagni e amici. Il più delle volte con dolore e ansia». Testimonianze dunque da chi corre il rischio di essere in quella che è stata definita “terra di nessuno” da Andrea Ferrari, oncologo pediatra dell’Istituto nazionale dei tumori di Milano, responsabile di SIAMO: non più bambino per l’oncologia pediatrica e non abbastanza grande per l’oncologia dell’adulto, «con il risultato che a parità di condizione clinica un adolescente ha minori probabilità di guarigione di un bambino».