Il CEINGE di Napoli ha pubblicato i primi risultati di laboratorio su molecole che proteggono dalla neurodegenerazione e potenziano gli effetti della terapia genica

Piccole molecole in grado di inibire l’accumulo di amiloide, sostanza tossica, presente in numerose malattie neurodegenerative, e contrastare così i danni della malattia. Nuovi farmaci che nel modello murino hanno dimostrato sia di proteggere dalla neurodegenerazione sia di potenziare l’effetto terapeutico della terapia genica se somministrati in combinazione. A parlarne uno studio condotto da Alessandro Fraldi, responsabile di un gruppo di ricerca al CEINGE di Napoli e professore associato di Istologia all’Università di Napoli “Federico II”, pubblicato sulla rivista Molecular Therapy.

In particolare la ricerca si è concentrata sulla sindrome di Sanfilippo, o mucopolisaccaridosi di tipo 3 (MPS 3), che fa parte delle malattie metaboliche da accumulo lisosomiale e per la quale non vi sono cure specifiche: la mancanza di un enzima comporta l’accumulo nel cervello di una sostanza di scarto che non viene smaltita. “La sfida più grande per i ricercatori è trovare il modo di far arrivare l’enzima mancante al cervello, ma si è riscontrato che non basta purtroppo somministrarlo attraverso il sangue, perché viene bloccato dalla barriera emato-encefalica, che limita il passaggio di tantissime sostanze, incluso i farmaci. Un modo per aggirare questo ostacolo, che è attualmente in fase di sperimentazione clinica, è quello di modificare l’enzima e permettergli di passare la barriera in maniera più efficiente”, racconta Alessandro Fraldi.

Sulla terapia genica, che rappresenterebbe una strategia alternativa con vettori virali per fornire alle cellule nervose le informazioni genetiche per l’enzima carente, continua a spiegare il ricercatore: “Ci sono ancora molti ostacoli nell’applicazione della terapia genica alla sindrome di Sanfilippo e altre forme neurodegenerative di MPS. I dati ottenuti nei modelli animali sono positivi, ma quando si passa all’uomo non è facile raggiungere e mantenere un livello sufficiente di enzima nel cervello e, al contempo, evitare potenziali effetti tossici dovuti, ad esempio, a dosi elevate di vettore virale. Inoltre, ogni forma di MPS è dovuta alla carenza di un enzima diverso: ogni terapia genica è per definizione specifica e questo naturalmente ne alza i costi di sviluppo, un aspetto non secondario che riguarda un po’ tutte le malattie rare. La terapia genica resta comunque una delle strategie più promettenti e siamo tutti in attesa di vederne i risultati nei prossimi anni”.

La nuova strategia terapeutica

Con gli studi eseguiti al CEINGE e finanziati da diverse associazioni di pazienti (internazionali e italiane) e da Telethon, alla terapia genica si potrebbe affiancare un’altra strategia che avrebbe due azioni: sia trattare la malattia sia potenziare gli effetti della terapia genica. “La chiave sta nelle ‘pinzette molecolari’, piccole molecole disegnate ad hoc che inibiscono l’accumulo di un’altra sostanza tossica, l’amiloide. Accumuli di questa proteina sono presenti in numerose malattie neurodegenerative, da altre forme di mucopolisaccaridosi all’Alzheimer: bloccandoli è come se mettessimo un freno alla neurodegenerazione, limitando un effetto tossico a valle del difetto genetico primario”, illustra Alessandro Fraldi. “Abbiamo dimostrato nel modello murino della mucopolisaccaridosi di tipo 3A, la forma più frequente di Sanfilippo, che questi farmaci non solo proteggono dalla neurodegenerazione, ma se somministrati in combinazione con la terapia genica ne potenziano l’effetto terapeutico: di fatto, si contrastano i danni della malattia da due strade distinte. Inoltre, abbiamo dimostrato questo effetto neuroprotettivo anche in altri modelli di mucopolisaccaridosi, come la 1, la 3B e la 3C. Questi risultati, appena pubblicati su Molecular Therapy, ci fanno ben sperare di poter valutare presto l’effetto di questi nuovi farmaci nell’uomo”.

Si tratta di un primo passo, come specifica ancora Alessandro Fraldi: “Dal punto di vista conoscitivo dovremo approfondire i meccanismi biologici con cui gli aggregati di proteina amiloide alterano l’omeostasi cellulare danneggiando i neuroni e gli astrociti, le cellule del sistema nervoso che hanno un ruolo chiave nella sindrome”, attività che hanno ottenuto il supporto nel 2021 dell’associazione Sanfilippo Fighters, che fa parte della rete Telethon, e della Fondazione Telethon nel 2023.

“Per quanto riguarda invece la prima sperimentazione nell’uomo dobbiamo affinare la produzione del farmaco su larga scala e completare gli studi sulla tossicità e la distribuzione nell’organismo. Sono molecole mai testate finora sui pazienti, ma confidiamo di completare questi studi entro tre anni, con il supporto di importanti finanziamenti internazionali. La nostra speranza è innanzitutto quella di ottenere un beneficio nei bambini con MPS 3A, ma in prospettiva l’impatto di questi nuovi farmaci potrebbe essere ben più ampio e riguardare svariate malattie neurodegenerative, non solo genetiche”, conclude il ricercatore.