Il controllo dei livelli della proteina spastina rappresenterebbe un elemento chiave per recuperare la degenerazione neuronale associata a questa malattia
Si chiama spastina e l’aumento dei livelli di questa proteina potrebbe essere la strada per recuperare la degenerazione neuronale associata alla paraplegia spastica ereditaria. La notizia proviene da una ricerca, pubblicata sulla rivista Brain, che ha condotto l’Istituto di biologia e patologia molecolari del Consiglio nazionale delle ricerche di Roma (Cnr-Ibpm) in collaborazione con la Sapienza Università di Roma e finanziato da Fondazione Telethon italiana, AFM Telethon ed Euro-HSP.
La forma più comune di paraplegia spastica ereditaria è causata da mutazioni che comportano una riduzione dei livelli della spastina, proteina fondamentale per il trasporto degli elementi essenziali necessari per il funzionamento del neurone. Questo studio ha identificato un meccanismo molecolare che regola i livelli di spastina: lavorando sul modello animale del moscerino della frutta (Drosophila melanogaster) e su cellule in coltura i ricercatori sono riusciti ad aumentare i livelli di spastina e a recuperare la degenerazione neuronale associata alla malattia.
“Abbiamo dimostrato che il complesso CRL4, un tipo di complesso proteico che si trova all’interno delle cellule e che ha la funzione di segnalare e marcare le proteine da degradare quando non sono più necessarie, è in grado di regolare i livelli della spastina nelle cellule”, ha spiegato Cinzia Rinald, del Cnr-Ibpm e coordinatrice dello studio. “Inattivando il complesso CRL4 è quindi possibile bloccare la degradazione di spastina e recuperarne il corretto dosaggio. L’esperimento ha dato risultati promettenti sul modello animale e anche in cellule derivate da pazienti”.
Aggiunge Gianluca Cestra del Cnr-Ibpm, che ha coordinato gli esperimenti in vivo: “Interrompendo il processo che porta alla degradazione della spastina, si può favorire la sua presenza adeguata nell’organismo, contribuendo a mantenere in salute le cellule nervose e a ridurre i danni associati alla sua carenza”.
I dati emersi dallo studio potrebbero aprire la strada a nuove terapie per le patologie in cui risulta utile l’aumento della spastina.