Mutazioni genetiche e rischio di spina bifida

DNA data with genetic information.

Pubblicato uno studio internazionale sul sequenziamento del DNA di pazienti con mielomeningocele, cui ha partecipato l’IRCCS Giannina Gaslini

Un aumento della frequenza di variazioni del DNA può contribuire al 28 per cento di rischio di spina bifida. A parlarne una ricerca pubblicata sulla rivista Nature che ha coinvolto 851 pazienti e 732 controlli sani, insieme con i genitori.

Il progetto ha coinvolto il consorzio internazionale sulla Spina Bifida, di cui fa parte Valeria Capra, medico specialista in Genetica Medica, che lavora presso la Unità di Genomica e Genetica clinica dell’Istituto G. Gaslini (diretta da Francesca Faravelli). Valeria Capra ha collaborato con l’Unità di Neurochirurgia dell’Istituto (diretta da Gianluca Piatelli), e con Marco Pavanello, riferimento nazionale per il trattamento neurochirurgico delle malformazioni del midollo spinale, come il mielomeningocele. Insieme con Patrizia De Marco, biologa molecolare dell’Unità di Genetica Medica diretta da Federico Zara, l’Istituto ha fornito il proprio contributo attraverso il sequenziamento del DNA di pazienti affetti da mielomeningocele, utilizzando la tecnica di whole exome sequencing.

“I risultati hanno evidenziato un aumento della frequenza di variazioni del DNA che compromettono la produzione di alcune proteine o ne alterano la sequenza di aminoacidi, insorte per la prima volta nei soggetti affetti, definite de novo in linguaggio tecnico, confermando un modello poligenico della malattia”, ha raccontato Valeria Capra. “Queste varianti, che coinvolgono 187 diversi geni, sono risultate legate alla formazione del citoscheletro, dei microtubuli (strutture che garantiscono la stabilità strutturale delle cellule) e di enzimi che modificano la cromatina. Inoltre, varianti di questo tipo sembrano contribuire al 28% di rischio di malattia”.

Viene riportato dall’Istituto che i ricercatori, con studi funzionali su modelli animali, hanno dimostrato che queste varianti determinano una mancata chiusura parziale o completa del tubo neurale durante lo sviluppo embrionale.

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