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Medici e pediatri di ISDE e ACP chiedono di fare chiarezza in merito a PFAS e bisfenoli, banditi dai packaging alimentari, ma non dai giocattoli
Nei giocattoli dei bambini sono oggi ammesse sostanze chimiche persistenti, bioaccumulabili, mobili e tossiche, nonché interferenti endocrini per l’ambiente: sostanze definite ‘sostanze chimiche più dannose’ in documenti della Commissione europea, che l’Associazione Italiana Medici per l’Ambiente (ISDE Italia) e l’Associazione Culturale Pediatri (ACP) sottolineano non devono esserci nei giocattoli.
Per chiedere un intervento deciso nella negoziazione del Regolamento europeo sulla sicurezza dei giocattoli, i medici e i pediatri di ISDE e ACP hanno inviato una lettera ai Ministri della Salute, dell’Economia e delle Finanze, affinché “la nuova normativa vieti l’uso di sostanze chimiche pericolose, in particolare PFAS e bisfenoli, noti per i loro effetti dannosi sulla salute, soprattutto infantile”.
Le due associazioni riportano come gli studi abbiano confermato la tossicità di PFAS e bisfenoli, come ci siano circa 150 bisfenoli preoccupanti e molti siano stati trovati nei giocattoli; inoltre, proseguono nel comunicato stampa, i bisfenoli “sono rilevati nelle urine dei bambini in tutta Europa, e i loro effetti possono causare problemi nello sviluppo, obesità e cancro”.
Dice Roberto Romizi, presidente ISDE Italia: “La protezione della salute infantile deve essere una priorità assoluta. È inaccettabile che ancora oggi nei giocattoli siano presenti sostanze dannose per lo sviluppo dei più piccoli”, e si unisce Stefania Manetti, presidente ACP, aggiungendo: “Gli studi mostrano che l’esposizione ai PFAS indebolisce il sistema immunitario e riduce la risposta ai vaccini. Questo è un dato molto allarmante: rende le persone vulnerabili alle malattie”.
ISDE e ACP chiedono una revisione della normativa che includa: divieto dei PFAS nei giocattoli (come già avvenuto per gli imballaggi alimentari in alcuni Paesi), divieto del gruppo dei bisfenoli (per evitare che sostanze tossiche siano sostituite con alternative altrettanto pericolose), estensione del meccanismo di restrizione delle sostanze chimiche (per includere tutte le classi di composti più dannosi per la salute umana e l’ambiente), inclusione del principio di precauzione (per garantire che la sicurezza dei bambini venga prima degli interessi economici dell’industria).
Viene sottolineata l’importanza di una mobilitazione collettiva in merito e concludono Roberto Romizi e Stefania Manetti: “Proteggere la salute dei bambini significa investire nel futuro. È necessario che l’Italia si faccia portavoce di una posizione chiara e determinata in Europa”.